tradimenti

Stefania


di geniodirazza
23.10.2024    |    6.949    |    0 7.0
"Affrontai mio marito e gli comunicai che stavo per chiedere la separazione legale per sua colpa; lo avvertii che avrei chiesto un assegno esorbitante e che, ..."
Avevo incontrato Claudio, poi diventato mio marito, quando avevo poco più di venti anni e lui ventisette; non tardammo molto a metterci insieme e, dopo qualche mese, a sposarci; le cose andarono per il verso giusto abbastanza a lungo, per anni senza problemi; poi qualcosa si ruppe nell’equilibrio e vennero fuori verità accuratamente celate, come la mia facilità ad andare con amici e amanti occasionali e la tendenza di mio marito a rifugiarsi nel ricordo
Da qualche anno ormai, neppure io ricordavo bene quanti, il mio comportamento era diventato offensivo e aggressivo contro di lui, perché non perdonavo un antico amore che aveva segnato la sua anima e lo aveva portato a ricordare quella ragazza anche nei momenti meno opportuni; non mancavano le volte che urlava il suo nome mentre godeva dentro di me
Per arricchire il palco di corna del mio amato-odiato marito e per contrastare la sua arroganza, ricorrevo a giovani quasi vergini che mi garantivano sedute straordinarie di sesso tempestoso; era esattamente la situazione in cui mi stavo immergendo quel giorno e di cui ancora non ero annoiata, come spesso mi capitava coi miei capricci; il giovane stallone incontrato in palestra e ‘adottato’ immediatamente, da sei mesi, puntualmente mi faceva tornare, dal ‘nostro’ motel, gongolante e con lo slip grondante di sperma.
Andai alla reception e chiesi la solita camera, ormai quasi mia per diritto; segnai il mio nome e quello del mio stallone, senza pensare a conseguenze; espletai le solite pratiche, presi per i fianchi il ragazzo e mi diressi al primo piano, conoscendo perfettamente il percorso; anche quel corpo era ormai mio personale possesso e sapevo come baciarlo per sentire immediatamente il cazzo picchiarmi sulla figa, da sopra i vestiti, per cominciare ad eccitarmi.
Ormai i gesti seguivano un rito finanche monotono; sfilai il vestito, che si reggeva solo su due spalline, e lo lasciai scivolare a terra; restai in slip, avendo abbandonato altri indumenti; alle mutandine avevo deciso di non rinunciare mai perché, l’unica volta che ero venuta nuda sotto l’abito, al ritorno, dalla figa era debordata la sborrata che, per abitudine, lui mi scaricava dentro poco prima di lasciare la camera; il vestito e il sedile dell’auto ne risentirono e decisi di usare sempre lo slip per contenere la fuoruscita.
Lui era stato altrettanto rapido a spogliarsi del jeans, della maglietta e delle scarpe ed ora mi stava davanti, splendido nella sua bellezza apollinea col corpo giovane segnato da una muscolatura tonica ma non di palestra, da un cazzo che, barzotto, valeva quanto quello di mio marito duro, da una bellezza quasi angelica per i riccioli biondi a circondare un viso regolare, gli occhi intensi e la bocca carnosa; lo abbracciai e lo avvolsi in un bacio lussurioso.
Ricambiò l‘abbraccio con la foga della giovane età e sentii la lingua invadermi la bocca, riempirla e perlustrarla tutta provocandomi intensa lussuria ed eccitazione notevole, testimoniata dai capezzoli che si erano fatti duri come chiodi; non avevo scopato molto, quella settimana, e la voglia era sicuramente tanta; accostai il pube al suo e appoggiai con una mano il cazzo alla figa facendolo strusciare sul clitoride che reagì da par suo provocandomi un leggero orgasmo.
Per un lungo tempo mi abbandonai al piacere di sentirmi manipolare da lui che mi divorava letteralmente la bocca e la lingua, succhiandola come un piccolo cazzo, mentre le mani artigliavano i glutei e strapazzavano le natiche; un dito scivolò verso l’ano e sentii la prima piccola penetrazione della serata; continuai a baciarlo abbandonandomi al languore che il piacere mi suggeriva; mi spinse seduta sul bordo del letto e mi intimò‘Succhiamelo!’.
Mi piaceva sentirlo autoritario e impositivo, specialmente se, dentro di me, lo confrontavo con la sdolcinata arrendevolezza di Claudio, mio marito, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti sedute di preliminari leccando, carezzando, titillando ogni punto erogeno fino a farmi sentire esausta e svuotata di ogni forza, prima di decidersi a mettermi nel corpo la sua mazza che restava, imperterrita, dura come cemento anche per ore.
Presi in mano il cazzo che mi inteneriva per come, al tempo stesso, appariva fragile e delicato per rivelarsi poi duro e spietato quando sfondava; lungo almeno una ventina di centimetri, roseo del colore di un neonato, al centro leggermente incurvato verso l’alto, scappellato offriva un glande a fungo di impressionante spessore che amavo moltissimo sentirmi penetrare in bocca e forzarmi la gola fino al vomito.
Quando lo infilava in figa, dovevo prima lubrificarmi molto coi miei orgasmi, per non avvertire dolorosamente quella cappella violare il canale vaginale e penetrare fino in fondo, fino a colpire la cervice dell’utero; quando poi decideva di incularmi, la preparazione era assolutamente indispensabile perché, anche se avevo preso nel culo delle belle mazze, la sua mi premeva sempre forzando lo sfintere ed io amavo sentire piacere senza dolore, come per anni mi aveva abituato Claudio.
Accolsi molto volentieri la mazza dura e la presi a due mani, una per reggere i coglioni grossi e gonfi, forse di sborra e di voglia; l’altra per masturbare l’asta tenendola ritta sul ventre; le smorfie di piacere che leggevo sul viso deformato dalla libidine mi suggerivano i movimenti per farlo godere al massimo; appoggiai la lingua sul meato ed avvertii il sapore noto del precum che urgeva; strinsi le labbra e spinsi per farmi stuprare la bocca come una figa vergine.
Con la lingua lo feci scivolare sulle gote e, strusciando la cappella sul palato, spinsi verso l’ugola per ingoiarne al massimo; mi scopò per qualche momento nella bocca e dovetti frenare la mazza fuori dalle labbra per impedirgli di spingere fino a soffocarmi; mi dilettai per un tempo lunghissimo a scoparmi in gola col movimento della testa e, soprattutto, con un lavoro di lingua che ricoprì la mazza di saliva e la fece scivolare in fondo, finché riuscii un paio di volte a toccare con le labbra la peluria del pube.
Lui mi penetrò con violenza in gola, facendomi salivare fino a gocciolare fuori dalla bocca e spingendomi il cazzo fino a darmi conati di vomito e sensazioni di soffocamento; per un tempo infinito mi scopò in bocca e lo succhiai con passione; poi decise di fermarsi, sfilò il cazzo, mi sollevò per i piedi e si inginocchiò accanto al letto con la bocca impiantata direttamente sulla figa; cominciò un cunnilinguo che per esperienza sapevo lungo e dolcissimo.
Come ormai era quasi rituale, cominciò a leccarmi il ventre tutto, soffermandosi sull’ombelico con cui giocava volentieri, per passare lentamente sul monte di venere e aggredire la figa; prima leccò amorosamente le grandi labbra, poi le aprì con le dita e passò alle piccole labbra; le titillò con la punta della lingua e affrontò il clitoride che si era rizzato per effetto della stimolazione; catturatolo con il pollice e con l’indice, lo strofinò a lungo finché urlai per la sborrata.
Poi appoggiò le labbra e lo succhiò a lungo, beandosi degli umori di orgasmo che sgorgavano dalla vagina; con l’abilità che conoscevo e che gli avevo suggerito, forte dell’insegnamento di Claudio in queste cose autentico maestro, lo prese delicatamente fra i denti e cominciò un’altra stimolazione, un poco più aggressiva, che mi inondò di piacere, scaricato in un nuovo orgasmo che bevve come un assetato.
Fui io a quel punto che lo spinsi supino sul letto, gli montai sopra a sessantanove e lo ‘obbligai’ a continuare a leccarmi mentre io prendevo in bocca il cazzo; poiché avevamo già praticato quella soluzione, lo fermavo stringendogli la testa tra le cosce, quando preferivo essere io a lavorarmi il cazzo dai coglioni alla cappella e scoparmi in bocca con tutta la mazza, fino ai peli; lo lasciavo fare quando preferivo che fosse lui a leccarmi culo e figa, che gli si aprivano davanti come paesaggi di paradiso.
Mi bloccò autorevolmente quando si rese conto che rischiava una sborrata precoce; si sfilò da sotto a me e mi lasciò carponi sul letto; si sistemò alle mie spalle e cominciò a succhiare e leccare, stavolta da dietro, tutto l’apparato sessuale offerto, anzi spalancato, davanti al suo sguardo e alla sua bocca; a spatolate larghe, percorse infinite volte il perineo, dalla figa al culo e viceversa, strappandomi orgasmi quando si tratteneva con la lingua in uno dei buchi.
La dolcezza della lingua che accarezzava la pelle mi fece abbandonare languida al piacere immenso che la pratica mi dava; sentivo intanto che, per dare forza alla scopata, mi stringeva i capezzoli e scosse di piacere si aggiungevano ai brividi che venivano dalla bocca che tormentava il sesso; conoscendo i ritmi del mio amante provvisorio, avvertii quasi in anticipo il movimento del corpo che si appoggiava al culo e la mazza che penetrava in figa, a pecorina.
Nel silenzio generale si udiva solo lo sciaff tipico del ventre che sbatteva contro il culo e mi sentii profondamente riempita perché il ragazzo spingeva come se dovesse far entrare in figa anche i coglioni; aiutava le spinte afferrandomi i lombi o i seni che pendevano, per gravità; piacere si aggiungeva a piacere; andò avanti a lungo; sapevo per esperienza che, quando si impegnava, aveva una gran bella resistenza; e quella sera si impegnava davvero allo spasimo.
Quando ritenne di avermi smantellato abbastanza le reni con la lunghissima monta in figa, sentii con dolore che si sfilava, si allungava verso il comodino e prelevava il tubetto di gel che avevo appoggiato; secondo copione, quasi, adesso era il momento della più saporita e lunga inculata che potessi desiderare; con la punta del cazzo raccolse dalla figa abbondanti umori e li trasferì al buco del culo; ripeté l’operazione con un dito e lo infilò profondamente nel retto che lo accolse quasi deridendolo per la pochezza.
Le dita diventarono due e si aprirono a ventaglio ruotando; lo sfintere cedette immediatamente la sua elasticità; per infilare tre dita e poi quattro, a cuneo, e farle ruotare, versò un poco di gel e mi sentii aprire il culo fino al dolore; poi avvertii la cappella che passava l’ano e si spingeva in fondo nell’intestino; il ritmo classico dell’inculata da dietro mi prese e spinsi in direzione contraria per sentire il ventre fin sull’ano, tra le chiappe spalancate.
Mi montò così per un poco e godevamo entrambi mentre la mazza entrava in profondità, finché i coglioni picchiavano sulla figa, poi si ritirava fin quasi ad uscire completamente e, con un colpo secco o con una lenta progressione, rientrava dentro portando libidine e piacere; eravamo entrambi presi dalla passione del culo e godevamo infinitamente; amavamo molti, entrambi, l’inculata e il ragazzo mi fece percorrere tutta la gamma delle ipotesi.
Prima fu la volta della penetrazione da dietro classica, io carponi e lui inginocchiato; poi mi fece crollare su un fianco, mi sollevò in alto la gamba libera e continuò imperterrito a pompare nel culo; intanto, una mano passava davanti e raggiungeva la figa che masturbava sapientemente; la seconda cavalcata in culo mi deliziò moltissimo; mi fece rotolare sull’altro fianco e riprese la spinta dalla nuova posizione; mi abbandonai e godevo da matti.
Fu una pratica lunga, quella nel culo; dopo forse un’ora il cazzo scivolava liberamente e indifferentemente in figa o nel culo, che si era assuefatto alla mazza ed ora la desiderava sempre più a fondo; mi chiese in un soffio di voce se poteva sborrare dentro; gli dissi senz’altro di sì e finalmente gli spruzzi di una sborrata lunga e sapida mi colpirono con sferzate all’interno del ventre; ad ogni spruzzo corrispose un mio orgasmo e mi sentii vuota, alla fine, mentre crollavo sul letto inchiodata col cazzo nel culo.
Quando l’asta si svuotò e si ridusse di volume, delicatamente la lasciò scivolare fuori e sentii la sua sborra che scorreva dal culo sulle lenzuola; ci accarezzammo con dolcezza e restammo per qualche minuto immobili a riprendere vigore; appoggiai la testa sullo stomaco e titillavo con la lingua, delicatamente, il cazzo barzotto, in attesa che riprendesse energia e mi sfondasse ancora; nella calma del momento, mi riprese la rabbia contro mio marito.
Abbandonai i pensieri impegnativi e tornai a dedicarmi al giovane stallone che ormai aveva recuperato le energie ed era pronto a dare vita ad una nuova fase di quella grande scopata; mi stesi supina al centro del letto e lo invitai a sedere sullo stomaco, col cazzo piantato tra i seni; abituato ormai ai capricci della ‘signora’, il caprone non ebbe bisogno di ulteriori indicazioni e si preparò alla ‘spagnola con pompino’ che già aveva avuto modo di sperimentare con gusto.
Appoggiò tra i seni il cazzo, di nuovo duro e ancora viscido del gel dell’inculata; raccolsi le mammelle, che per la posizione si erano leggermente appoggiate ai lati, e le portai a stringere in una dolce morsa di soffice carne la mazza che reagì inalberandosi; stringevo i globi intorno al cazzo e mi titillavo i capezzoli; il ragazzo si spingeva in avanti col corpo e faceva scivolare il cazzo tra i seni, fino a toccare con il glande il mento; piegai la testa, tirai fuori la lingua e lambii il meato.
Trovammo istintivamente la coordinazione; mentre lui spingeva il corpo intero a scivolare su me e portare il cazzo alla bocca, io piegavo la testa, con sacrificio della cervicale, e facevo in modo da ricevere in bocca almeno l’intera cappella; intanto, mi strofinavo tra le dita i capezzoli e mi procuravo un ininterrotto ed intenso piacere che più volte culminò in sborrate di media forza; non ci mise molto, il ragazzo, ad avvertire che la sborrata gli premeva dalla prostata; frenammo il giochetto a ritardare l’orgasmo.
Passammo sollazzandoci con il sesso tutto il pomeriggio fino a sera; il giovane stallone mi titillò e mi scopò a lungo in ogni modo, mettendo in pratica tutto quanto aveva appreso in quei mesi; passò la mazza sulla pelle di tutto il corpo; mi riempì più volte tutti i buchi, culo figa e bocca, mi sditalinò a lungo e mi fece il classico ‘pigiama di saliva’ leccando ogni punto, dai capelli alla punta dei piedi; non me ne stetti ferma a farmi scopare ma manipolai, leccai, succhiai, morsi, presi in ogni buco il cazzo ritto.
Alla fine della performance, non ero in grado di dire quante volte avessi sborrato; moltissime, senza dubbio, di cui almeno una decina ad alto tasso di libidine, con urla disumane di piacere; lui limitò le sue a tre, con eiaculazione, la prima nel culo, la seconda nella gola, dopo un pompino durato un tempo interminabile, e l’ultima in figa quando mi scopò alla missionaria, proprio al momento di uscire dalla camera perché mi piaceva portarmi a casa la sborra in figa, forse in spregio al cornuto mio marito.
Negli ultimi mesi, infatti, non mi ero più preoccupata di nascondere le condizioni in cui rientravo in casa dopo le lunghe sedute di sesso, sia col mio amante fisso sia con i personaggi occasionali dai quali elemosinavo ancora un poco di illusoria giovinezza, scopandomi ragazzi addirittura ancora poco più che adolescenti, senza preoccuparmi di un’opinione corrente che ormai mi classificava puttana e ninfomane, quanto meno bisognosa di assistenza se non da condannare senza appello.
Avevo deciso di fare con il mio amante preferito un giro di qualche settimana per l’Italia; a Claudio decisi di non far sapere niente; durante il viaggio, con un messaggio lo avrei avvertito della mia assenza; la mattina della partenza andai al lavoro con una valigetta con l’indispensabile; avrei fatto rifornimento acquistando il necessario lungo strada; quello stesso pomeriggio ci mettemmo in macchina e in poche ore eravamo in piena montagna ancora parzialmente innevata, e mi rilassavo in un albergo a quattro stelle; quella notte fu la prima di una lunga serie passate a scopare come scimmie.
Le ‘poche settimane’ previste diventarono presto due mesi di viaggi, di divertimento, di turismo e di tanto sesso; avevo ormai perso ogni controllo del limite e, alla rabbia iniziale, era subentrata una tigna irrefrenabile, che mi faceva guardare con odio anche l’aplomb, frutto del suo lavoro di consulente finanziario, che Claudio, peraltro molto bravo a quel che sentivo in giro, esibiva nella sua attività di compra vendita, di acquisizione e contrattazione.
Per qualche mese, Stefania e il suo ricordo erano stati il mio infinito tormento; poi, placatasi la frenesia di mio marito, era scattata la tigna di volerlo piegato a me, dopo essere stata ‘sua’ per troppi anni; visto che non cedeva di un millimetro dai suoi comportamenti, avevo preso a trattarlo male anche in pubblico e ad imporgli una mia presunta superiorità che, in definitiva, riuscivo a realizzare solo scopando come una puttana con tutti quelli che mi giungevano a tiro.
Al ritorno dal mio ‘tour di piacere’, trovai la casa vuota e dalle amiche al bar seppi che Claudio mi aveva ricambiato le corna con tutte quelle che conoscevo e chissà con quante altre; poiché ormai disperavo di piegarlo al mio volere, ne parlai a lungo con Massimo, un avvocato con cui da alcuni anni avevo una relazione quasi regolare, scopandoci almeno una volta a settimana; mi disse che chiedendo la separazione e il divorzio, poteva aiutarmi a costruire i motivi per chiedere un assegno divorzile molto ricco.
Affrontai mio marito e gli comunicai che stavo per chiedere la separazione legale per sua colpa; lo avvertii che avrei chiesto un assegno esorbitante e che, se si fosse opposto, avrei trovato il modo per impossessarmi di almeno metà dei suoi beni, per quindici anni di paziente matrimonio; per la prima volta da quando lo conoscevo, vidi Claudio esitare incerto con l’aria di chiedersi cosa fare di fronte ad un atteggiamento così determinato; non disse una parola e sparì nel nulla.
Per quasi due mesi tutto tacque, soprattutto perché Massimo non trovò spazio per la mia pratica, nella mole di lavoro; fu mio marito a farsi vivo un pomeriggio, quando mi colse a casa e mi chiese di ascoltarlo; lo feci per correttezza.
“Senti, Marta; tu stai per commettere un grave errore, se chiedi la separazione con gli assegni che speri di strappare; se scendi a pretese accettabili, possiamo discuterne; se insisti nelle tue richieste, te ne assumi tutta la responsabilità.”
“La paura della sconfitta ti rende all’improvviso malleabile? Mi spiace per te; intendo massacrarti e lo farò, fosse l’ultima cosa che faccio! Sono stufa dei tuoi atteggiamenti da superman; adesso finalmente conoscerai la paura anche tu!”
Non obiettò altro; vidi che chiamava mio padre al telefono e ironizzai sul bambino che interpella il papà contro la sorellina.
“Paolo, tua figlia sta per chiedere il divorzio con pretese di assegni assurdi; posso solo anticiparti che questo potrebbe comportare molti guai a lei, a voi genitori e alla miriade di amanti che ha, a cominciare dall’avvocato che la fiancheggia in quest’operazione di lotta, senza contare che è da anni il suo amante privilegiato; la questione che vorrei farti esaminare ha aspetti economici e legali; vorrei che ascoltaste tu e tua moglie che se ne intende di economia; potete venire a casa mia a parlare con me?”
“Il tono della voce mi suggerisce che è molto grave quello che hai da dire; tra dieci minuti siamo da te ... “
Mentre aspettavamo, spaventata un poco per la reazione di mio padre, avvocato di larga esperienza e di meritata fama non facile ad impressionarsi, telefonai a Massimo e lo avvertii che doveva sospendere qualunque attività ed essere presente a rivelazioni che potevano interessarlo forse personalmente; mi garantì che sarebbe arrivato al più presto; impiegai il tempo preparando il caffè e i pasticcini, sotto lo sguardo ironico e divertito di Claudio che mi vedeva fare una cosa inusitata per me.
Quando i miei si erano accomodati in cucina, arrivò anche Massimo, il mio avvocato ed amante; mio marito alquanto indispettito perché avevo invitato un estraneo ad un discorso da fare in famiglia, gli impose di non pronunciare verbo e al massimo, di usare le informazioni che avrebbe raccolto per le finalità perverse che si proponeva con me; i miei genitori concordarono con mio marito e fummo costretti ad accettare e stare zitti.
Claudio chiese ad Irene, mia madre, se aveva notizie recenti sul suo lavoro; lei confessò che aveva avuto vaghe informazioni su un accordo tra la società di Claudio ed una internazionale che aveva alle spalle un boss della malavita assai temuto nel territorio; non gli nascose la sua meraviglia per un’intesa che collocava Claudio in un’area grigia ‘ai margini’ della legalità; mio padre ribadì la sorpresa per una scelta tanto illogica da parte di una persona che conosceva estremamente corretta e lontana da certi maneggi.
Mio marito brutalmente raccontò tutte le mie ‘bravate’, che dimostrò di conoscere nei particolari, con le corna e le minacce di richiesta di un assegno astronomico se avessi fatto risultare lui colpevole della separazione; l’accordo con il boss della malavita esponeva me, ma anche loro e i miei amanti, primo fra tutti l’avvocato presente, alla vendetta di ‘don Clemente’ perché quello messo in pericolo era un patrimonio di associati; se avessimo portato avanti la richiesta, tutti rischiavano finanche la vita.
Non solo mio padre, ma persino il mio amante dovettero riconoscere che, col nuovo assetto, le loro scelte stuzzicavano una belva feroce attentando al suo potere; mia madre caricò la dose di paura perché raccontò di vendette terribili attuate dallo stesso malavitoso contro persone che si erano frapposte ad ostacolare i suoi maneggi finanziari; Claudio fece presente che aveva voluto parlare con due esperti perché io non ero in grado di cogliere la pericolosità della scelta che pensavo di fare.
Anche Massimo si dovette convincere che le nostre ipotesi rischiavano di portarci in cattive acque e mi suggerì di percorrere altre strade; la tigna scattò feroce e minacciai di ‘distruggere Sansone e tutti i Filistei’ se mio marito avesse fatto la scelta di diventare boia di tante persone per difendere il suo capitale che, evidentemente, contava per lui più della moglie e di quindici anni di matrimonio quanto meno sereno; la risata soffocata da mio padre non mi scosse dalle mie convinzioni assurde con a fianco il mio amante storico.
Claudio propose che accettassi una separazione consensuale senza oneri ufficiali; in cambio, mi assicurava un contributo ragionevole a patto che sparissi dalla sua vita; non volli accettare e ci lasciammo con molte riserve e dubbi terribili su un futuro assai incerto; inutilmente mio padre cercò di spiegarmi che la tigna mi consigliava male e che stavo giocando con troppe vite minacciate, per pretese che andavano al di là di ogni logica; lo mandai al diavolo determinata a fare a modo mio.
Mia madre era uscita dall’incontro assai sconvolta; vivendo la vita delle imprese assai direttamente, per il suo lavoro da commercialista, sapeva che avevamo tutto da temere, dall’ira del ‘don Clemente’ di cui si era parlato; sollecitò mio padre ad adoperarsi con tutti i mezzi per salvare una situazione di grande difficoltà; mio padre riuscì a trovare la quadratura del cerchio, grazie al suo lavoro e alla fiducia del genero, ormai ex.
Molti anni prima, quando era ‘calda’ la storia di Stefania e di mio marito, si era impegnato a cercare la ragazza, scomparsa dopo un viaggio di Claudio in Germania; non aveva ottenuto molti risultati ed insieme avevano deciso di accantonare impegno e ricerca; nei mesi successivi al chiarimento ultimo, fece riprendere le ricerche ed ebbe fortuna; in poco tempo riuscì a localizzare la donna e a provocare un suo incontro con il primo grande amore.
Una sera Claudio andò a cena invitato dall’ex suocero; a sorpresa, mentre ancora si chiedeva il perché dell’incontro, comparve una bellissima donna, sulla quarantina, che si sedette al tavolo con loro e prese a fissarlo intensamente; ci mise un poco a capire poi riconobbe la ragazza che aveva amato con tutto se stesso venti anni prima.
“Dio mio, Stefania! Sei proprio tu? Da dove diavolo sbuchi?”
“Ciao, Claudio; dovresti essere tu a dirmi quale inferno ti inghiottì da un giorno all’altro ... nemmeno una telefonata mi facesti, per dirmi che evaporavi dalla mia vita!”
“Ammetto che qualcosa la sbagliai, ma non evaporai; arrivò notizia che mio padre aveva avuto un brutto infarto nel cantiere che aveva aperto in Germania e dovetti correre non solo per soccorrere lui, ma anche per assumere la direzione dei lavori che ci consentivano di vivere; quando riuscii a cercarti, eri scomparsa nel nulla ... “
“Avrei voluto vedere te, a diciotto anni, con un pancione che cresceva a vita d’occhio, restare nella nostra città esposta ai commenti più aspri e cattivi; non avevo alternative e dovetti andare in esilio, per partorire il mio Claudio; venti anni ho patito ad allevare da sola un figlio che non potevo neanche dichiarare legittimamente perché tu non c’eri più ... “
“Stai dicendo che quando sono partito tu eri incinta di mio figlio?”
“Vedo che l’intelligenza non ti si è appannata; sì, ho un figlio tuo che adesso potrai anche conoscere perché tra poco sarà qui; hai tempo per decidere come ti vuoi comportare con un estraneo che è sangue del tuo sangue ... “
“Mi consentirai di riconoscerlo?”
“Questo lo decidi solo tu; l’avvocato, qui, ha il test del Dna da cui risulta che è tuo figlio genetico; se vuoi che lo sia anche di fronte alla legge, devi deciderlo tu; io posso solo aggiungerti che, a venti anni, è il ritratto del ragazzo che amavo quando avevo l’età che lui ha adesso; se può aiutarti, va all’Università ed ha scelto, chissà perché, Economia; forse qualche gene lo ha spinto nella scelta ... “
“Stefy, visto che conosci Paolo forse saprai già che ho sposato sua figlia e che ci stiamo proprio adesso separando; tu hai una storia importante, un matrimonio o insomma qualche legame serio?”
“Sì; sono profondamente e irrimediabilmente innamorata di mio figlio e di una figura evanescente che è il ricordo di suo padre quando avevo diciotto anni; per il resto sono, per mia scelta, libera e single; se mi va o quando mi va di scopare, lo faccio nella massima libertà, senza gli eccessi di tua moglie, anzi della tua ex, se non ho capito male ... “
“Paolo, mi spieghi come e perché, dopo averci provato per mesi inutilmente, sei riuscito a rintracciare in poco tempo Stefania?”
“Lo sai che la necessità aguzza l‘ingegno? Le stupidaggini di Marta hanno messo in pericolo la stessa vita sua, mia e di mia moglie; ho pensato che avevo un solo percorso se volevo risolvere tutto con garbo e serenità; sfruttando qualche piccolo indizio che avevo raccolto anni fa, sono riuscito a snidare la signora che si nascondeva; adesso, se tu ti comporti bene, possiamo evitare lo scontro con la malavita e tutto ritorna ad una ragionevole normalità.”
“Cosa dovrei fare, io?”
“Adesso sai che hai un figlio di vent’anni a cui non hai niente da rimproverare, anzi molto da farti perdonare; se segui un mio consiglio e gli assegni immediatamente, dopo averlo riconosciuto, l’eredità che gli compete come tuo unico familiare, Marta non potrà toccare un centesimo del tuo patrimonio; al massimo, col divorzio, si dovrà accontentare delle concessioni che vorrai fargli; in pratica, la sua minaccia di fare casini è spuntata; don Clemente non avrà ragioni per intervenire e tutti vivremo in pace.”
“Stefy, come pensi che reagirà nostro figlio sapendo che mi faccio vivo dopo venti anni?”
“Bada che Claudio, che adesso dovrò indicare come junior per non confondervi, ti somiglia assai più di quanto tu puoi immaginare; non sa che suo padre è un consulente finanziario e ha scelto la tua stessa facoltà universitaria, Economia; giuro che non gli ho suggerito niente; sa valutare le opportunità e soffre da sempre l’assenza di un padre; temo invece che il tuo ritorno ponga problemi a me e alla mia convinzione di essere libera e single, se lui mi chiede di vivere con voi.”
“Non ce la fai a recuperare la figura evanescente di suo padre e il ricordo di lui?”
“Posso senz’altro pensarci molto e cercare una soluzione di equilibrio; ma tu come fai con tua moglie, adesso?”
“Con Marta il divorzio è in vista, decisamente imminente; suo padre può testimoniare che la rottura è cominciata la volta che mi scappò, mentre facevamo l’amore, di chiamarla Stefania anziché Marta; non sei mai uscita dalla mia vita, anche se il lavoro e la smania di potere mi hanno distratto molto; non possiamo sposarci presto, ma appena pronunciato il divorzio, se lo desideri, possiamo farlo serenamente; insomma, ti propongo di verificare se siamo ancora i due innamorati di allora ... “
“Ciao, mamma, chi sono questi tuoi amici?”
“Ciao, Claudio; lui è l’avvocato che mi ha trovato per riportarmi al passato; lui è il broker che ammiri tanto ed è assai più che un amico, per me ma anche per te ... !”
“Stai cercando di dire che hai ritrovato il tuo grande amore giovanile e che io ho finalmente un padre da odiare e da adorare? Pensate di tornare insieme o non ce la fai a riprendertelo?”
“Senti, furfante, perché non ti preoccupi di stabilire un rapporto con uno sconosciuto che di colpo si rivela tuo padre? So badare ai miei bisogni senza perfidi consigli!”
“Claudio, che ne dici se ceniamo insieme? Se vi va, potete conoscere la mia casa; poi stabiliremo se può diventare la nostra ... “
“Mamma, la proposta è allettante; io ci sto; tu vieni con me, naturalmente!”
Uscirono insieme, tenendoci a braccetto; ebbi la certezza che il loro futuro, ma anche il mio, stava per cominciare; mi augurai che fosse roseo come lo avevo sempre sognato e che, dopo venti anni, il cielo fosse tornato a sorridermi.
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